ESISTE IL LIBERO ARBITRIO?

Marco Iacoboni, docente nella Facoltà di Medicina dell'Università della California a Los Angeles, nel suo libro "I neuroni specchio - Come capiamo ciò che fanno gli altri" (1), descrive forme inconsce d'imitazione tra persone che interagiscono socialmente e meccanismi neurobiologici del rispecchiamento dovuti ai "neuroni specchio", recentemente scoperti. Questi dati, egli afferma, "lasciano supporre un automatismo biologico difficile da controllare, che potrebbe delegittimare la visione classica di una capacità decisionale autonoma su cui poggia il libero arbitrio".

Anche il grande fisico Stephen Hawking pensa che il libero arbitrio sia un'illusione. Infatti la nozione di libero arbitrio incontra insormontabili difficoltà: se noi abbiamo il libero arbitrio, a quale stadio dell'evoluzione esso apparve? Lo scimpanzé ha libero arbitrio? E i vermi? E le alghe azzurre? Inoltre, come si concilia il libero arbitrio con l'osservazione che, stimolando elettricamente una determinata parte del cervello, si crea nel paziente il desiderio di muovere la mano o il piede, o di muovere le labbra e parlare (2)?

Il fisiologo Benjamin Libet ha dimostrato che l'attività nelle regioni motrici del cervello può essere evidenziata circa 350 millisecondi prima che una persona senta di aver deciso di muoversi (3). Soon e la sua équipe hanno mostrato che alcune decisioni "consce" possono essere rivelate fino a 10 secondi prima che diventino coscienti (quindi molto prima dell'attività motoria preparatoria scoperta da Libet) (4). Questi dati secondo il neurofisiologo Harris sono difficilmente conciliabili con l'idea che uno sia la sorgente conscia delle sue azioni (5). Anche per il neurobiologo Dick Swaab molti fattori ereditari ed influssi esterni, già nelle primissime fasi dello sviluppo cerebrale, hanno stabilito la struttura ed il funzionamento del cervello per il resto della nostra vita, così che il nostro comportamento è già fissato in misura rilevante fin dalla nascita; egli definisce il libero arbitrio "un'illusione" (6). Swaab osserva che fino al 1992 "si è tentato inutilmente di "guarire" gli omosessuali dalla loro supposta malattia mentale [...] Sarei curioso di sapere quanto ci vorrà perché anche relativamente ad altri tipi di comportamento che si ritengono dettati dal libero arbitrio, come il comportamento aggressivo e criminale, la pedofilia, la cleptomania e lo stalking, si faccia strada la stessa concezione" (6).

Non bisogna confondere la consapevolezza con il libero arbitrio. Mentre leggete questo articolo, il vostro corpo produce globuli rossi ed enzimi digestivi, ma voi non ne sentite la responsabilità, solo perché si tratta di processi inconsci (7).

Secondo Libet, tuttavia, vi sarebbe la possibilità di conciliare automatismo e libero arbitrio. Infatti, poiché tra la consapevolezza dell’intenzione di compiere un’azione e l’inizio dell’azione stessa intercorre un tempo di una frazione di secondo, vi sarebbe la possibilità di trattenere l’azione imminente, fermando i processi cerebrali già innescati. Il libero arbitrio, pertanto, consisterebbe nella capacità di fermare l’impulso già avviato a livello neuronale (8).

Forse dobbiamo rivedere la nozione di libero arbitrio, così diffusa nella nostra società. Se le nostre azioni fossero automatiche, e non frutto di una libera scelta, allora cadrebbe il nostro concetto di amministrazione della giustizia, basata sulla punizione del colpevole, perché non vi sarebbe alcuna colpa: infatti, secondo molti filosofi, la responsabilità sarebbe incompatibile con il determinismo (9). Potrebbero restare le sanzioni, ma solo come deterrente, senza la pretesa di dare una "retribuzione". Cadrebbe anche gran parte delle religioni, in larga misura basate sul pentimento per i "peccati" commessi e sulla credenza di un'altra vita dopo la morte, dove i "buoni" sarebbero "premiati" ed i "cattivi" sarebbero "puniti". Ma se non vi è responsabilità, non vi sono neanche meriti da premiare né colpe da espiare. Il bene ed il male tuttavia esistono, come comportamenti rispettivamente utili o dannosi per la società, e per incrementare i primi e ridurre i secondi occorrono soprattutto educazione ed istruzione; inoltre delle sanzioni potrebbero sempre essere applicate, ma come deterrente e non più come retribuzione.

(1) M. Iacoboni, I neuroni specchio: come capiamo ciò che fanno gli altri, Bollati Boringhieri, Torino, 260 pp., 2008.

(2) S. Hawking & L. Mlodinow, The grand design, Bantam, 198 pp., vedi pp. 30-32, 2010. Traduzione italiana: Il grande disegno, Mondadori, Milano, 180 pp., vedi p. 30, 2011.

(3) B. Libet, C. A. Gleason, E. W. Wright & D. K. Pearl, Time of conscious intention to act in relation to onset of cerebral activity (readiness-potential): the unconscious initiation of a freely voluntary act, Brain, 106 (3): 623-642, 1983.

(4) C. S. Soon, M. Brass, H. J. Heinze & J. D. Haynes, Unconscious determinants of free decisions in the human brain, Nat. Neurosci. 11 (5): 543-545, 2008.

(5) S. Harris, The moral landscape: how science can determine human values, Free Press, New York, 307 pp., 2010.

(6) D. Swaab, Wij zijn ons brein: van baarmoeder tot Alzheimer, Uitgeverij Contact, Amsterdam, 2010. Traduzione italiana: Noi siamo il nostro cervello: come pensiamo, soffriamo e amiamo, Elliot, Roma, 462 pp., 2011.

(7) S. Harris, Free will, Free Press, New York, 81 pp., 2012.

(8) G. Sartori & C. Scarpazza, Cervello e responsabilità; in: M. De Caro, A. Lavazza, G. Sartori, Quanto siamo responsabili? Filosofia, neuroscienze e società, Codice edizioni, Torino, pp. 59-82, 2013.

(9) S. Nichols, Experimental philosophy and the problem of free will. Science, 331: 1401-1403, 2011.

Carlo Consiglio

Modificato il 27 ottobre 2012